Lo Squat

Abbiamo visto negli articoli precedenti l'esecuzione dei 2 esercizi base del sollevamento pesi (strappo e slancio), oggi iniziamo ad analizzare un esercizio che gli atleti usano per prepararsi alle competizioni.
Parliamo ovviamente dello Squat.
E' un esercizio multiarticolare ad altissima sinergia.
Il nome che deriva dall’inglese “to squat” “accovacciarsi”, descrive già perfettamente l’esecuzione dell’esercizio: con un sovraccarico poggiato sul tronco (tradizionalmente un bilanciere sulla schiena), si esegue un piegamento completo sulle gambe, scendendo in accosciata e risalendo.
Esistono diverse varianti di questo esercizio, le più conosciute sono tre:
  • “overhead squat”: lo squat viene eseguito tenendo il bilanciere a braccia tese sopra la testa, tra le tre è la versione meno utilizzata e nota, è un gesto molto specifico tipico del weightlifting; ultimamente si sta diffondendo grazie alla disciplina del crossfit che ne fa largo uso; necessita un’ottima mobilità articolare ed è la variante più difficile tecnicamente.
  • “front squat”: lo squat viene eseguito con il bilanciere appoggiato anteriormente, sul deltioide e sopra le clavicole. È una variante anch’essa meno nota ed è un gesto tipico del weightlifting, ma usato anche in ambito di preparazione atletica. Anche in questo caso le difficoltà tecniche sono notevoli ed è richiesta una discreta mobilità articolare per l’esecuzione. (Figura n.1 sinistra)
  • “back squat”: lo squat viene eseguito col bilanciere appoggiato posteriormente sulle spalle ed è la variante più nota e utilizzata, anche perché la più semplice tecnicamente fra le tre. [1] (Figura n.1 destra)lu squat avanti.jpgchakarov270_squat.jpg
Figura n.1: Varianti dello squat. A sinistra Lu Xiaojun nel “front squat” a destra Ivan Chakarov nel “back squat”.
Il suo inserimento in un normale regime di allenamento è consigliato da un punto di vista funzionale in quanto, rispetto ad alcuni macchinari per le gambe (leg press,leg exstension,leg curl), allena la muscolatura con movimenti simili a quelli che affrontiamo nella quotidianità e permette dunque di trasferire i benefici dell’esercizio in palestra in alcuni gesti della vita di tutti i giorni come alzarsi e sedersi da una sedia o raccogliere qualcosa da terra.
L’esecuzione
Entrando in una palestra capita sempre di vedere qualcuno fare uno squat, purtroppo però pochi di questi soggetti prestano la dovuta attenzione al controllo e all’apprendimento della corretta tecnica esecutiva. Non tutti infatti riescono ad apprendere ed effettuare uno squat nel modo più corretto e finiscono per compiere errori che, se ripetuti, possono portare  a patologie anche gravi. Tutto questo fa si che lo squat sia visto come un esercizio che sicuramente, prima o poi, rovinerà la salute di chi lo esegue. Tutto ciò è vero, ma semplicemente perché, come in tutti gli esercizi coi sovraccarichi, se fatto male comporta il rischio di infortuni, e il rischio aumenta all’aumentare della complessità dell’esercizio; l’unica possibilità di ridurlo, e a volte di azzerarlo, è di imparare ed eseguire una tecnica il più corretta possibile. Infatti osservando  gli allenamenti di alcuni pesisti di alto livello in possesso di un’ottima tecnica, noteremo come questi riescano ad allenarsi per anni con carichi proibitivi per la maggior parte delle persone.
Il movimento
Appurato che purtroppo nelle varie palestre circolino “fantasiose esecuzioni” dello squat, proviamo dunque a definire quella che dovrebbe essere la corretta tecnica esecutiva dello squat.
Posiziono il bilanciere sul supporto di fronte a me, in modo da riuscire a sollevarlo dai supporti senza dovermi alzare in punta di piedi e senza dover far fatica a staccarlo dagli appoggi (troppo bassi). La posizione delle mani sul bilanciere è fondamentale: una presa salda garantisce sicuramente una maggiore stabilità del bilanciere sulle spalle bloccandolo in morsa costituita da una parte dal trapezio e dalle mani dall’altra. Mi porto sotto al bilanciere posizionandomelo sul trapezio e sul deltoide posteriore e mi assicuro sia stabile ed in equilibrio; dopo aver contratto bene tutti i muscoli della schiena (adducendo e abbassando le scapole), sollevo il bilanciere dai supporti e faccio un passo indietro. Successivamente divarico le gambe alla distanza più corretta per me infatti, come l’altezza di appoggio del bilanciere, è soggetta a variazioni individuali spesso di carattere antropometrico e di mobilità dell’articolazione dell’anca. Inspiro profondamente e trattengo il fiato, cercando di mantenere le corrette curve fisiologiche del rachide. Comincio la fase di discesa: mantenendo sempre contratti tutti i muscoli della schiena e spostando il bacino indietro avverto uno stiramento da parte dei muscoli flessori della coscia. Continuo la discesa in questo modo fino a che, per quanto possibile, la testa del femore non sia sotto la parallela passante per il ginocchio [2]. Arrivati a questo punto è il momento della risalita; è evidente che una discesa fatta bene predisponga certamente ad una migliore e più agevole risalita. La prima parte della risalita sta nella fine della discesa, nonostante quest’ultima debba essere più o meno veloce e controllata, bisogna invertire il movimento passando da una accelerazione negativa, ad una positiva. La struttura viscoelastica dei muscoli, in grado di immagazzinare energia elastica e rilasciarla, insieme al riflesso miotattico, sono sicuramente d’aiuto nel passaggio dalla fase concentrica alla fase eccentrica, ma se stiamo eseguendo uno squat sotto il parallelo, siamo in una condizione di svantaggio muscolare netto, sia a livello di leve, sia a livello di lunghezza del sarcomero. Il punto più critico dell’alzata avviene subito dopo l’inversione del movimento e viene chiamato “sticking point” (punto di stallo): è il momento in cui l’accelerazione diminuisce maggiormente e in caso di alzate massimali o sub massimali l’atleta sembra addirittura essere fermo, una volta uscito dallo sticking point, con la completa distensione della schiena e degli arti inferiori, possiamo definire concluso il movimento. Facciamo quindi alcuni passi avanti e riappoggiamo il bilanciere ai supporti.

Questa esecuzione è possibile solo per soggetti sani, che non hanno avuto infortuni alle articolazioni o alle strutture coinvolte e che siano in possesso dei prerequisiti per poter eseguire il movimento correttamente.

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